L’articolo sotto riportato non è interamente farina del mio sacco, ma nasce dallo spunto di un articolo riferito ai giocatori di tennis sul sito della federazione, ma ben si può adattare anche al nostro sport.

Sia chi pratica campionati o tornei regionali o nazionali sa bene che nel corso del gioco alternerà buona concentrazione a momenti di fatica o distrazione. Inevitabilmente arriveranno gli errori, i rimbrotti o le faccine (disgustate? 😉 ) del partner, insieme a una piena consapevolezza che qualcosa sta sfuggendo e il torneo sta andando a carte e quarantotto! E da quel punto spesso è un abbandono ulteriore.Cosa succede? Cosa sta succedendo? Come possiamo porvi rimedio?

Riporto e adatto (dal tennis al bridge).

“La fatica mentale – ormai è chiaro – ha un peso determinante sulle nostre prestazioni fisiche. Ma non sempre riusciamo a riconoscerla in tempo per poterla gestire, e dunque fare in modo che non condizioni le nostre prestazioni. Bisogna pertanto capire in primo luogo quali sono i segnali con cui si manifesta questo stress eccessivo. E in secondo luogo bisogna dotarsi di uno strumento per misurarlo. Questo strumento si chiama VAS e non è altro che una semplicissima scala numerica sulla quale andremo a dare un valore alla fatica mentale ogni volta che apparirà.”

“L’affaticamento mentale può essere transitorio, dovuto dunque a circostanze particolari che provocano un maggiore stress rispetto a una situazione normale.

Nel bridge per esempio la pressione in un torneo di livello elevato, un giocatore ritenuto ‘inarrivabile’ o con cui “ho sempre preso zero!”, la sensazione di sentirsi come un pesce fuor d’acqua per un sistema licitativo complesso, che, sebbene spiegato, ci trova impreparati nelle contromosse.

“Sentiamo lo stress, ma in questo caso bisogna cercare di prevenirlo o, quando arriva, bisogna essere in grado di riconoscerlo.

Il primo dei tre gruppi di segnali riguarda l’aspetto emotivo: si manifestano dunque rabbia e frustrazione per non riuscire a eseguire compiti normalmente portati a termine con tranquillità. Si evidenziano inoltre sbalzi di umore e irritabilità causati dal non riuscire a ripetere in partita le performance dell’allenamento.”

“La fase più delicata si presenta quando compaiono i segnali fisici.”

Questo accade in campionati lunghi (vedi gli usuali tre giorni di Salsomaggiore, dove magari si comincia bene, ma che a lungo andare fa emergere stanchezza e desuetudine a rimanere concentrati per periodi lunghi).

“Il giocatore può manifestare dolori muscolari persistenti o persino mal di testa. In generale, c’è uno stato di malessere che anche in questo caso è dettato dalla frustrazione per non riuscire a centrare un obiettivo che ci si era posti, in allenamento o in partita.

Infine, l’ultimo gruppo riguarda i segnali comportamentali: il giocatore cerca di isolarsi il più possibile e di non ascoltare il suo team, tantomeno i consigli del suo allenatore.”

Nel nostro caso il partner, magari più assuefatto allo stress per motivi caratteriali o abitudine a gestirlo, ci riprende anche pacificamente, o al contrario cerca di strigliarci, ma la frustrazione, la sensazione di avere perso ancora una volta la possibilità di una bella figura (accidenti dopo tutti questi Km, aerei etc!) rende quasi imbambolati e comunque rassegnati.

L’articolo sul tennis conclude con… Una volta compreso quello che ci sta accadendo, è importante dare un valore a questo stress. E in particolare sarà il nostro maestro o il nostro coach che dovrà cercare di farci valutare la nostra fatica mentale. Basta prendere un foglio e disegnare una linea con valori che vanno da 1 a 10, o da 1 a 100: la scala visiva analogica (o VAS). Questo foglio diventerà il nostro compagno di viaggio durante gli allenamenti, perché ogni volta dovremo scrivere una cifra corrispondente alla nostra percezione di stress. Sarà il primo passo per trovare la soluzione.

Se questo articolo vi è piaciuto scrivete a info@mondellobridge.it ed avrà un seguito nella valutazione di questa scala e del suo possibile adattamento al nostro sport. Quello che di certo caratterizza un campione rispetto al giocatore medio o esperto è un insieme di tante cose, ma anche con un valore estremo nel comprendere il momento in cui la sensazione di stress necessita di una pausa, un bel respiro e un azzeramento della fatica mentale. Un ottimo punto di partenza per “rimettere il coltello tra i denti” (frase cara a Enzo Riolo) e picchiare giù duro (eufemisticamente parlando) sugli avversari. È proprio quello il momento di invertire il ritmo e mettere di nuovo pressione, meglio se accompagnato da un atteggiamento corporeo perfetto (mai scivolati sulla sedia in attesa del gancio finale! o a testa china!). Il linguaggio corporeo lo dobbiamo utilizzare eccome (altro spunto che se vorrete potremo discuterne ulteriormente).

A tutti BUON BRIDGE.

Emilio Italiano

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